ANNO 14 n° 120
Peperino&Co.
Museo delle Macchine
non fermiamoci
di Andrea Bentivegna
13/02/2016 - 02:01

di Andrea Bentivegna

VITERBO - Essere presente l'altro ieri nella sala del consiglio comunale, assieme agli ideatori delle ultime Macchine di santa Rosa, i costruttori, il presidente del Sodalizio Mecarini, il sindaco, gli assessori e altri giovani architetti, è stato un privilegio.

L’atmosfera era appassionata. Del resto quando a Viterbo si parla di questi argomenti è difficile che non lo sia. La discussione è stata, almeno nelle intenzioni, incoraggiante. Un raro esempio, dunque, di autentica partecipazione da parte di tutta la città.

Ognuno di noi ha parlato e ascoltato con curiosità, tutti de n'sentimento insomma. Ora però viene il bello, adesso bisogna dar seguito agli intenti e fare qualcosa, per la prima volta, in modo che finalmente questa festa divenga, oltre che tradizione, un pezzo di storia.

Le idee messe sul tavolo sono tante ma, come ammoniva anche l’ideatore Angelo Russo, vero promotore dell’incontro, le risorse sono quelle che sono, cioè poche. Personalmente credo che occorra al più presto stabilire una sorta di road map perché l’entusiasmo l'altro ieri era sì tangibile e sincero ma non possiamo illuderci che questa chiacchierata possa bastare a rendere tutto possibile.

E allora iniziamo almeno con i primi, concreti passi perché se il museo era il motivo dell’incontro quanto è emerso nella chiacchierata è stato a tratti persino allarmante. E sì, perché a un certo momento, tra render e proposte, tra idee ambiziose e suggestioni, è venuto fuori l’incredibile e cioè che delle ultime cinque Macchine non esiste nemmeno un inventario e non si è certi su dove esse siano e in che condizioni.

Ecco. Forse il primo passo, allora, dovrebbe essere questo: catalogare e proteggere dal degrado queste opere, esattamente ciò che,  giustamente, chiedono l’architetto Ascenzi e l’architetto Andreoli. Quest'ultimo, poi, ironia della sorte, ha saputo proprio ieri che la sua Macchina, Una Rosa Per il Duemila, è sparita dal capannone in cui era custodita da quindici anni a questa parte.

È evidente che la situazione incredibile di oggi sia figlia di anni e anni di incuria e disinteresse, ma questo oggi non è più ammissibile per un evento divenuto patrimonio immateriale Unesco. Forse, quindi, è il caso di porre almeno le basi essenziali per un museo e per il concorso d’idee di cui si è parlato, prima di sognare in grande. Credo, infatti, che si possano compiere per il momento dei passi meno ambiziosi ma forse più facilmente concretizzabili, almeno nel medio termine, per poter finalmente rompere l’inerzia che anche su questo tema pervade la città.

Ben venga allora l’intelligente proposta di Veralli, l’imprenditore capace di riportare all’antico splendore Sinfonia d’Archi, che suggerisce nell’immediato di utilizzare il capannone di San Sisto per proiettare delle immagini a dimensioni reali del fatidico ''Sollevate e fermi'' o del Trasporto per raccontarlo ogni sera. Un’idea semplice, un primo passo a suo modo rivoluzionario, che va nella direzione giusta, quella di far conoscere e soprattutto capire cosa sia il trasporto.

Del resto con le attuali tecnologie, dalle app al video mapping, si potrebbe già fare un buon lavoro. Il tutto poi con tempi brevi e soprattutto investimenti realmente contenuti.

Sono rimasto impressionato dai progetti proposti, sia quello Giacomo Roscani, che ipotizza una spettacolare struttura presso le vecchie cave Anselmi, sia il progetto della coppia De Simone e Secchi per una cittadella della viterbesità nell’area dell’ex Cantina Sociale di via Garbini, Ma per arrivare a questo occorre oggi compiere un passo alla volta per non rischiare di veder fallire ancora le belle parole dell'altro giorno.

Iniziamo quindi da subito con azioni concrete e fattibili perché è questo l’unico modo per arrivare, in un tempo ragionevole, a realizzare anche questi progetti più ambiziosi. Sono pienamente d’accordo con Andreoli, Ascenzi e il sindaco stesso: partiamo dal catalogare le macchine disponibili, ripararle e, dopo uno studio morfologico, stabiliamo dei luoghi idonei, per posizione e contesto, in cui esporle - montate - durante il prossimo periodo di Santa Rosa. La città potrebbe ricavarne una grande visibilità, molti turisti accorrerebbero incuriositi da questa straordinaria installazione di simili torri luminose che di certo non avrebbero altrove eguali.

Se così fosse, si avrebbe inoltre l’opportunità, da non sottovalutare, di rendere tangibile la ricaduta che un museo vero e proprio potrebbe avere e così magari si riuscirebbe ad invogliare possibili finanziatori. A quel punto, con una diversa consapevolezza, potremmo guardare al futuro con legittima ambizione. Per il momento, invece, non fermiamoci.





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